Un pane intriso di memoria storica, credenze popolari e antica tradizione di fede
La “Chissöla” oramai sconosciuto ai giorni nostri era un pane tradizionale delle valli bergamasche, lo ricordano solo i nonni che durante il periodo bellico o nei periodi difficili, era per loro l’unico pasto completo.
Questa tradizionale e antica ricetta mi è stata gentilmente data dalla signora Ileana Pezzotta, grazie all’interessamento di sua nipote Giulia Gualdi, studentessa liceale ad Alzano Lombardo.
La signora Pezzotta racconta che da piccola abitava in una cascina a Gavarno in provincia di Bergamo, e la sua mamma, la Sciura Mercede, subito dopo aver preparato questo pane singolare e nutriente, lo tagliava in porzioni uguali e lo distribuiva a tutti i membri della famiglia, i quali dopo averne mangiato un solo pezzetto, per non consumarlo tutto, provvedevano immediatamente a nasconderlo accuratamente in modo da non poter essere rubato, fatto che accadeva puntualmente in famiglia da parte dei più furbi.
Gli ingredienti erano: ossa di maiale, acqua, sedano, carote, aglio, cipolla, sale e qualche erba aromatica, poi si aggiungevano la farina di grano duro, (anche se anticamente veniva utilizzata la farina per la polenta) uva passa, mele, fichi secchi e finocchio tagliati a pezzetti. La particolarità di questo pane è che veniva impastato con il brodo fatto con le ossa di maiale, poi l’impasto veniva messo dentro una teglia unta con lo strutto e infornato nel forno a legna per un paio d’ore, una volta formatosi la crosticina d’orata si toccava con un legnetto per vedere se fosse pronto, se il legnetto era asciutto si sfornava, si metteva sotto le coperte e poi veniva tagliato a porzioni.
Lo studente liceale Pietro Angeli (da me chiamato “l’avvocato” per la sua empatia e per l’ottima padronanza di linguaggio), è un grande appassionato di storia insieme al padre delle antiche tradizioni locali, egli spiega che la “Chissöla” che facevano nel suo paese a Casnigo in Val Gandino, era anche un pane dolce e lo si consumava inzuppato nel latte appena munto, in occasione della festa della Santissima Trinità, il pane simbolo del corpo di Cristo con il latte cibo della divinità, ovvero nutrimento divino per gli uomini giusti che dona vigore corporale e spirituale. Invece in alcune parti della Lombardia e del Veneto, era conosciuto come il “Chisöl”, ed era realizzato con ingredienti diversi.
A Mantova, per esempio: con farina, ciccioli di maiale, cipolla, uva fresca o secca e un pizzico di bicarbonato, e veniva cotto in una teglia particolare per le torte chiamata testo, anticamente un semplice disco di pietra o di terracotta, a Brescia con greppole di maiale, farina, lievito, sugna, frutta secca, zucchero, uova e scorza di limone.
Sul Garda lombardo l’impasto era fatto con uova sbattute, zucchero, farina, olio di oliva, poco latte e sale poi veniva versato sulla teglia unta d’olio e cotto in forno.
A Cassone, per esempio, l’impasto era composto di farina, acqua, sale e un poco di bicarbonato, poi veniva schiacciato e messo a cuocere sotto la cenere del camino in una teglia con coperchio e lo si mangiava in sostituzione del pane.
Nel paese di Vescovato in provincia di Cremona la “Chisöla” fu realizzata o rielaborata da Guido il fornaio che, secondo alcuni antichi racconti, la impastava quotidianamente con burro e strutto utilizzando l’acqua presa dalla fonte della Rocca, questa specialità si presenta a multistrato di sfoglia compatto.
A Fontanella al Piano paese al confine tra le provincie di Bergamo e Cremona, la “Chissöla” era un pane semplice dal profumo intenso conservato al chiuso delle antiche madie.
Pare che el “Chisöl”, durante la festività dei morti, fosse una questua: i ragazzini andavano di casa in casa a domandare le castagne, (considerate simbolo di resurrezione, perché il frutto esce dalla scorza come il corpo dal sepolcro) e un tozzo di questo pane per i poveri, (el Chisöl per pori morti) quindi si presuppone che fosse un pane rituale da portare in tavola per le ricorrenze dei defunti.
Alcuni studiosi e storici delle tradizioni popolari, credono che anticamente la “Chissöla” o il “Chisöl”, specialmente quello impastato con la carne di maiale o con il solo brodo, si preparasse per la ricorrenza della festa di Sant’Antonio Abate che ricade il 17 gennaio, infatti il Santo eremita iconograficamente è raffigurato con il maiale e altri animali, la sua immagine è sempre messa nelle stalle, e in alcune zone della Lombardia lo si invocava affinché non crollasse il solaio sovraccarico di neve, (per Sant’Antòne chisöler, chi no fa la turta ghè burla zò I soler).
Quindi il pane dei morti, il pane di Sant’Antonio Abate o della Santissima Trinità, anche se di forme e ingredienti diversi tra loro, porta lo stesso nome, il che fa pensare alla “Chissöla” o al “Chisöl” come a un vero rito alimentare intriso di memoria storica, credenze popolari e antica tradizione di fede. “Sostenetemi con focacce d’uva passa, rinfrancatemi con pomi, perché io sono malata d’amore”. (Cantico dei Cantici, 2,5)