Metti una sera di metà novembre a cena mentre fuori Milano è fredda, nebbiosa e piovigginosa. Metti che tu “caffeina d’Europa” sei seduto con dei commensali a mangiare e bere di gusto dissertando di velocità, automazione, industrializzazione, elettricità, metti che ti servano un piatto di pastasciutta che cominci a rimirare con certa riprovazione, metti che i tuoi occhi si chiudano un po’ a fessura ed il tuo cervello cominci ad elaborare una teoria, anzi no, un MANIFESTO. Un manifesto che vedrà la luce nel gennaio del 1931.
Metti anche che tu sia un visionario e rivoluzionario del mondo dell’arte ed il tuo movimento vedrà tutti coloro che vi aderiranno, lanciarsi in sperimentazioni stilistiche sempre più ardue ed infuocate dalle novità del tempo che vivevano, toccando tutte le arti dal teatro alla scultura, dalla scrittura alla pittura.
Ecco metti tutto questo e guarda adesso dietro di te, a quasi cento anni di distanza: il tuo lascito sarà rielaborato fino a trasformarti in un precursore.
Sappi che hai appena interpretato il ruolo di Filippo Tommaso Marinetti il primo artista dell’era moderna a pensare alla preparazione e al consumo del cibo come una forma d’ arte.
Il Manifesto della Cucina Futurista, è la rielaborazione, in chiave culinaria, del Manifesto del futurismo.
Non un semplice libro di ricette ma una filosofia della preparazione e consumo del cibo in chiave avanguardista. Dieci i punti programmatici per un perfetto pasto futurista fra cui abolizione della pastasciutta (lascio alla vostra curiosità scoprire il perché), l’uso di alta tecnologia attraverso la dotazione di strumenti scientifici in cucina che aiutino a ionizzare, sminuzzare, polverizzare, distillare, profumare in modo che gli ingredienti creino un piatto originale, che sia attento agli equilibri fra acido, basico et similia, e che si collochi in una cornice di armonia della tavola (stoviglie bicchieri e addobbi) coi sapori e colori delle vivande.
Non so a te ma a me ricorda moltissimo certi luoghi “stellati” dove la minuzia del particolare ti affascina dove spicca “la creazione dei bocconi simultanei e cangianti che contengano dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi“
Certo i piatti futuristi come l’Antipasto intuitivo, il Brodo solare, il Mare d’Italia e il Pollofiat e il Carneplastico, il piatto più famoso della cucina futurista, non ebbero lunghissima vita e Marinetti cedette tempo dopo la pubblicazione del Manifesto ad un piattone di spaghetti ma sicuramente questi piatti, la filosofia che ci stava dietro lasciarono traccia e scossero il mondo della cucina tradizionale, lo trasformarono lentamente e ce lo consegnarono come lo conosciamo passando attraverso la ricerca dei dettagli della nouvelle cuisine. Molti addirittura dicono che se non ci fosse stato il manifesto della cucina futurista non ci sarebbe stata la cucina molecolare. Sarà, intanto io ti invito al nostro pranzoalsole, ordinerò per noi e qualche altro amico una polibibita al quisibeve dietro l’angolo, si sì proprio quello che hanno aperto da poco, che accompagneremo ad un tramezzino per poi finire in dolcezza con un peralzarsi.
“Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia” (da il Manifesto della Cucina futurista Filippo Tommaso Marinetti).