Due anni fa, per motivi che non starò qui a raccontarvi, mi trovavo a Trapani, dove ho conosciuto un trapanese Doc, il prof. Paolo Salerno, che proprio in quei giorni era intento a organizzare “Stragusto” la bellissima festa del cibo di strada del Mediterraneo a cui ho avuto il piacere di partecipare.
Ogni anno, per tre giorni, a luglio, la piazza dello storico ex Mercato del Pesce di Trapani diventa la capitale del gusto del Mediterraneo, dove, in un miscuglio di sapori, odori e suoni, è possibile gustare i tipici cibi di strada appartenenti alla cultura non solo siciliana, ma di diverse regioni d’Italia e di altri paesi: panelle, arancine (anche a Trapani sono femmine), sfincioni, focacce, crespelle, “pane ca meusa”, cabbuci, cuscus, milingiane a quagghia, sapori panteschi, lampredotto, trippa, e tanti altri ancora.
Grazie a questa esperienza, non solo ho apprezzato cibi nuovi, ma anche ho avuto modo di rendermi conto che fino a quel momento non avevo mai mangiato un vero cuscus, ma un suo surrogato… Infatti, pur essendo un alimento del tutto estraneo alla cultura alimentare della zona in cui vivo, ormai viene preparato ovunque, grazie (o a causa) di quello precotto che si trova in commercio.
Naturalmente a causa della lontananza e un po’ anche della “lagnusìa” non mi è più capitato di tornare a Trapani e ho ripreso a mangiare e, raramente, anche a preparare il “surrogato”…
E, con mia grande sorpresa, anche se non sono Maometto (almeno credo…) Trapani e il suo vero cuscus sono venuti dalle mie parti!
Paolo Salerno, oltre a organizzare le rassegne gastronomiche “Stragusto” e Rosso Aglio & Bianco Sale” e a occuparsi di numerose altre cose legate al mondo della gastronomia e del turismo, ha scritto ˙˙cùscusu.. un libro sul cuscus, che sta portando in giro per tutta la Sicilia e non solo, assieme allo chef Francesco Pinello, originario di Gangi, ma trapanese di adozione, che durante la presentazione mostra i vari passaggi della preparazione della ricetta.
Si tratta di un libro particolare perché contiene solo una ricetta, una ricetta dettagliata e testata in ogni sua parte, dal peso degli ingredienti al procedimento. Un lavoro veramente originale che racconta la storia di un piatto, che si identifica totalmente con la memoria del suo territorio.
Questo lavoro è stato definito “un vero trattato di antropologia gastronomica, con una ricetta principale che diventa il microcosmo su cui Paolo Salerno e i suoi collaboratori hanno lavorato per tirare fuori una storia, la storia di un piatto”.
Già il titolo parla di storia, cùscusu è, infatti, il nome con cui i trapanesi chiamano il cuscus fin dalle origini, utilizzato, come lo stesso autore ha detto, “per mantenere quella memoria storica che è parte integrante della cultura trapanese e che va tutelata e valorizzata per diventare così veicolo di identificazione culturale del popolo trapanese stesso”.
Nel libro c’è una precisazione: Il cùscusu non è altro che semola di grano duro incocciata, cioè lavorata in modo che si aggreghi in piccoli grani, cotta a vapore nella cuscussiera, montata su una pentola con dell’acqua e abbiviràta con il brodo ricavato da una zuppa di pesce. In fondo, la vera difficoltà si riduce a un unico, piccolo dettaglio: contrastare l’ineffabile tendenza della semola a trasformarsi in semolino”.
Dopo aver assistito, in parte, alla preparazione, che dura oltre 5 ore, confermo che l’ultimo passaggio è veramente “camurriuso”, ma secondo me, anche tutto il resto…
Però seguendo i passaggi presenti nel libro e nel dvd allegato la realizzazione del vostro cùscusu non dovrebbe essere impossibile!
Anche perché questo è il fine del libro: spiegare passo passo la ricetta per far si che tutti, non solo i trapanesi, principali custodi di questa tradizione, ma anche chiunque voglia accoglierlo nella propria cucina, possano riuscirci.
Il libro comprende, oltre alla descrizione particolarmente accurata degli aspetti tecnici, anche una piccola “geografia” che descrive i luoghi e le origini del cùscusu, una raccolta di testimonianze sulle varianti tramandate dalle nonne, con quali vini abbinarlo e come servirlo.
Inoltre un capitolo dedicato a dieci chef, “ambasciatori” del cùscusu, da cui andare a gustarlo direttamente…
Un testo, realizzato con l’obiettivo di custodire una ricetta a tutela di questo alimento, che non si prepara ma si fa, cioè si costruisce con tutta la sapienza che c’è dietro questo fare, tenendo ben presente che per fare un buon cùscusu ci vogliono due ingredienti essenziali: l’amore e la pazienza, amore per la tradizione e pazienza per la realizzazione.
Non vi dirò altro… lascerò a voi il piacere di scoprire le meraviglie che questo libro racchiude!